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Narrare il fatto religioso: la responsabilità dei media nella diffusione dei discorsi d'odio

COMUNICATI

I Comunicati Stampa del Centro Studi LIREC

Narrare il fatto religioso: la responsabilità dei media nella diffusione dei discorsi d'odio

Raffaella Di Marzio

Si è tenuto il giorno 5 aprile il Webinar organizzato sulla Piattaforma ZOOM da Lirec sul tema:

Narrazione mediatica del fatto religioso

Criticità problemi e pericoli

Il webinar è il sesto “Progetto Conoscenza”, una iniziativa lanciata dal Centro Studi nel 2018. Si tratta della terza tappa di un cammino di approfondimento del documento dell’OSCE pubblicato nel 2019: le “Linee Guida su libertà di religione o convinzione e sicurezza”.

La prima tappa è stato il Convegno inaugurale alla Camera dei Deputati che ha affrontato il tema principale di cui il documento si occupa: il difficile equilibrio tra il diritto alla sicurezza e quello alla libertà religiosa.

La seconda tappa si è concretizzata in un secondo webinar che ha preso in considerazione un’altra idea fondante del documento OSCE: il diritto al libero esercizio della libertà di credere o non credere. Convertire, convertirsi e abbandonare un credo sono diritti umani universali e inviolabili. Il quadro di riferimento nel quale il tema è stato affrontato è la nozione di “persuasione non coercitiva” elaborata dall’OSCE e l’art. 9 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU).    

La terza tappa il webinar concluso il 5 aprile che ha affronta la questione dell’ importante ruolo che i media hanno nella prevenzione, o diffusione, di discriminazioni e istigazioni all’odio. Lo ha particolarmente sottolineato anche l’OSCE, che, nelle sue raccomandazioni, non si rivolge solo agli Stati, alla società civile e alle comunità religiose, ma anche a tutti coloro che fanno informazione e ai media.

I rapporti e le segnalazioni che LIREC riceve da numerose minoranze religiose e spirituali evidenziano come l’esercizio della libertà di religione e credo può essere limitato o impedito dal degrado dell’informazione che è all’origine di pregiudizi, stigmatizzazioni e panici morali.

Nel corso del webinar, grazie al contributo di giornalisti ed esperti del settore, è stata effettuata una disamina critica della narrazione e documentazione del fatto religioso nel nostro paese. Accanto a esempi di “buona pratica” giornalistica, si è discusso della responsabilità dei media nella creazione e amplificazione di atteggiamenti discriminatori, o di istigazione all’odio, contro gruppi religiosi e spirituali minoritari.

Nella sua introduzione al tema Raffaella Di Marzio, Direttrice del Centro Studi LIREC, ha sottolineato come l’OSCE citi, in particolare, i Principi di Camdem che difendono la libertà di espressione, compresa quella dei media, per promuovere l’uguaglianza  e la non discriminazione nella società.

Nel sesto principio si afferma che “Tutti i media dovrebbero, come responsabilità morale e sociale,  adottare misure per garantire che le loro attività siano rappresentative dell’intera società, affrontare questioni di interesse comune per tutti i gruppi della società, ricercare una molteplicità di fonti e opinioni all’interno delle diverse comunità piuttosto che rappresentarle come blocchi monolitici, e adottare standard elevati nella trasmissione delle informazioni che soddisfino i requisiti professionali ed etici riconosciuti”.

La Prof. Alessandra Vitullo, ricercatrice alla Sapienza Università di Roma, ha illustrato il tema “Il discorso d'odio online. Il caso dell'islamofobia”. Si è riferita soprattutto alla comunicazione digitale. Il discorso d’odio ha molti significati, ma la relatrice ha citato la più recente, che è quella del Consiglio d’Europa: “l’istigazione, la promozione o l’incitamento alla denigrazione, all’odio o alla diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone, o il fatto di sottoporre a soprusi, molestie, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce tale persona o gruppo, e comprende la giustificazione di queste varie forme di espressione, fondata su una serie di motivi quali la ‘razza’, il colore, la lingua, la religione o le convinzioni, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, nonché l’ascendenza, l’età, la disabilità, il sesso, l’identità di genere, l’orientamento sessuale e ogni altra caratteristica o situazione personale”.

Silvia Mari, Giornalista dell’Agenzia di Stampa DIRE, ha illustrato l’approfondimento che l’Agenzia DIRE con Dire Donne ha creato sul tema “Donne e Spiritualità”. Nell’approfondimento è stata mostrata l’esperienza di fede di tre donne appartenenti a tre minoranze religiose, che sono spesso oggetto di disinformazione mediatica, pregiudizi e diffamazioni. Nell'ottica di fornire un punto di vista variegato sulle minoranze religiose, l'agenzia Dire si avvale, per questo progetto, delle competenze del Centro Studi LIREC.

Davide Romano, Direttore di Coscienza e Libertà, ha illustrato le carenze dell’informazione religiosa in Italia che non si occupa e non dà notizia del pluralismo religioso e culturale presente nel nostro paese. La narrazione mediatica sembra avere una sola voce, quella che i Telegiornali riservano, per il 99%, al cattolicesimo romano.

Roberto Vacca, Redattore del circuito radiofonico Radio Voce della Speranza, ha illustrato l'esperienza di Radio Voce della Speranza quando ha deciso di dare voce alla comunità musulmana nel 2015, momento in cui l’islamofobia aveva raggiunto livelli preoccupanti. Egli ha sottolineato l’importanza di dare voce alle persone, ai musulmani, per superare pregiudizi infondati nei loro riguardi.

Dopo questo intervento la direttrice ha condiviso uno stralcio dell’intervista fatta al Prof. Patrizio Paolinelli, sociologo e giornalista, che ha realizzato uno studio dal titolo: Esoterismo sicurezza e comunicazione: il caso Bambini di Satana.

L’intervista integrale è pubblicata sul canale youtube di lirec.

Stefano Mosti, Presidente del Media Watch Institute, ha illustrato due indagini sulla comunicazione a proposito di casi mediatici riguardanti famiglie di Testimoni di Geova: i casi di Legnano e Pistoia. Dai dati raccolti emerge l’assoluta inattendibilità e faziosità dei media quando si accostano a vicende che coinvolgono fedeli appartenenti a questa comunità religiosa.

Vittorio Patanella, Coordinatore dell’Associazione Internazionale dei Media per la Pace, ha illustrato questa iniziativa di UPF e, come addetto stampa, negli anni ottanta, dell’Universal Peace Federation, ha ricordato alcuni episodi in cui i pregiudizi e la disinformazione dei media hanno colpito, e ancora colpiscono, l’organizzazione religiosa a cui appartiene.

Il Webinar si è concluso con un breve dibattito moderato dalla Direttrice.

Al webinar ha partecipato anche Giorgio Gasperoni, Direttore Responsabile di "Voci di Pace" e Presidente della Universal Peace Federation di San Marino, un’organizzazione con la quale da anni è in atto una proficua collaborazione grazie alla condividione di valori e progetti finalizzati alla difesa dei diritti umani e della pace nel mondo.