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AGENZIA DIRE. Il caso Braibanti a Venezia, Di Marzio: “In Italia si tenta di reintrodurre il reato di plagio”

COMUNICATI

I Comunicati Stampa del Centro Studi LIREC

AGENZIA DIRE. Il caso Braibanti a Venezia, Di Marzio: “In Italia si tenta di reintrodurre il reato di plagio”

Raffaella Di Marzio

"Con la scusa di una legge anti-sette si prova a normare la manipolazione mentale, è un rischio per la libertà"

07-09-2022 10:18

Costume e Società

Silvia Mari


ROMA- “L’uscita di un film sul famoso caso Braibanti, drammaturgo condannato di plagio e accusato di aver sottomesso alla sua volontà uno studente e amico più giovane che venne internato in un ospedale psichiatrico e sottoposto a elettroshock per farlo ‘guarire’ dagli ideali marxisti, torna a far parlare del reato di plagio, abrogato” ma sempre pronto a tornare. “La condanna sollevò gli opinionisti di allora, da Pasolini a Moravia, affinchè la Corte costituzionale esaminasse il reato di plagio e nel 1981 la Corte lo abrogò senza nessuna condizione. Ma non è finita così, e a partire dai primi anni del 2000 alcuni politici in Italia hanno presentato diversi progetti di legge per reintrodurlo con il nome diverso di ‘manipolazione mentale’, e la legislazione anti-sette lo renderebbe necessario”. A Radio Hope Media la psicologa delle religioni e direttrice del centro studi Lirec, Raffaella Di Marzio, commentando il film di Gianni Amelio presentato a Venezia ‘Il signore delle formiche’, torna a lanciare l’allarme su come la presunta necessità di una legge anti-sette, rivendicata da più parti, renderebbe necessario reintrodurre un reato di plagio, se pur chiamato in altro modo, attentando così alla radice la libertà delle persone, e quella religiosa in particolare, anche qui in Occidente.

“Fino al 2019 si è tentato di reintrodurre questo reato con il pericolo delle sette e della conversione religiosa verso i gruppi minoritari”, continua Di Marzio, e si è provato a ricondurre il concetto di predicazione o testimonianza religiosa a una sorta di “manipolazione mentale e lavaggio del cervello”. L’esperta domanda: “Forse il plagio non lo subiamo tutti sui social e quella manipolazione non fa molto più male? Ci sono conversioni forzate nel mondo, ma sono eccezioni che non possono essere regolate da una legge dello Stato che andrebbe a punire chiunque, magari un insegnante come Braibanti. Preveniamo piuttosto, diamo senso critico ai giovani” insiste Di Marzio, che ricorda come ci siano già leggi nel nostro codice penale a tutela dei fragili e dei minori. “Anche il Consiglio d’Europa nel 1999 si è espresso dicendo che gli Stati non devono creare leggi specifiche contro le sette ma utilizzare quelle vigenti: circonvenzione di incapace, truffa o violenza domestica”, spiega, riferendosi al nostro ordinamento.
Di Marzio da tempo denuncia un orientamento politico teso a produrre leggi anti-sette e “cosa vuole dire setta? Quando nel 2011 fui chiamata dalla senatrice Pdl Allegrini in audizione come esperta, nessuno aveva saputo dare una definizione. Nel 2005- ricorda ancora- furono le Chiese evangeliche a ribadire che il decreto legge 1777 in esame al Senato che prevedeva il reato di manipolazione mentale era un rischio per la libertà religiosa ed è questo il timore di tutte le minoranze e di chiunque vi si converta. Dopo Braibanti fu accusato di plagio anche un prete cattolico e non fu condannato solo perché si era espressa già la Corte costituzionale. Anche in Francia e in Belgio ci sono stati tentativi come in Italia”.
Di Marzio ricorda che “nel 2019 l’Osce ha stabilito che se la persuasione, e quindi la conversione, non è coercitiva è lecita, e che gli Stati non devono fare una legge contro la conversione. Posso persuadere e testimoniare- ribadisce la direttrice del centro Lirec- purché io non usi metodologie contro l’autodeterminazione dell’altro”. Così ha vissuto Braibanti rifiutando, come scrisse Pasolini, “qualsiasi forma di autorità: …. quella comunista o quella borghese o quella cattolica, o quella, semplicemente, letteraria… Invece egli si è rifiutato d’identificarsi con qualsiasi di queste figure – infine buffonesche – di intellettuale”.

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