Nell'esprimere il massimo cordoglio per l'atroce attentato che si è verificato a Kabul nel corso di una festa nuziale, il Centro Studi LIREC intende ribadire con fermezza la necessità, per i Paesi membri dell'Unione Europea, di non limitarsi a condannare la violenza di matrice fondamentalista, ma ad abbracciare un impegno vivo per la promozione della libertà religiosa nei Paesi dove questa è maggiormente minacciata.
L'evidenza della radice geopolitica del brutale attacco, che coincide con la fase delicata delle trattative diplomatiche volte al ritiro delle truppe statunitensi dall'Afghanistan, non deve mettere in ombra il dato che vi sono nazioni nel mondo, specialmente in quell'area, in cui essere musulmani sciiti o membri di qualsiasi altra minoranza religiosa implica essere ogni giorno esposti alla violenza. Il recente rapporto del Pew Research Center indica un preoccupante aumento delle persecuzioni religiose in ogni parte del pianeta, sia sul piano delle repressioni governative sia, come purtroppo è accaduto in questo caso, delle ostilità sociali.
Il nostro impegno quotidiano, dal monitoraggio al contatto con alcune delle realtà più difficili nell'ambito della tutela della libertà di religione, credo e coscienza, ci porta a credere che l'UE può fare molto per esportare quei principi espressi nel programma FORB per la promozione e la difesa dei diritti di credenti, non credenti e atei, non solo a livello istituzionale e politico ma anche mediatico, sociale e culturale. Siamo però costretti a rilevare come a una implementazione sofferta di quelle linee-guida si stia accompagnando una stretta generale nelle politiche di accoglienza dei richiedenti asilo, come avviene pure negli Stati Uniti, che oltre all'impatto diretto sulle potenzialità d'intervento nelle situazioni di maggiore tensione rischia anche di minare la credibilità con cui oggi l'Occidente democratico si propone di promuovere i diritti umani in Asia e nel mondo.