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COMUNICATO STAMPA:  Basta istigare all'odio verso le minoranze

COMUNICATI

I Comunicati Stampa del Centro Studi LIREC

COMUNICATO STAMPA: Basta istigare all'odio verso le minoranze

Raffaella Di Marzio

È passato un anno da quando abbiamo inviato il nostro “Appello per una informazione rispettosa, etica e inclusiva” all’Ordine Nazionale dei giornalisti e alla Federazione Nazionale della Stampa, per segnalare il pericolo dell’istigazione all’odio verso minoranze religiose e spirituali prese di volta in volta come “bersagli” dai media. Era la prima iniziativa frutto delle conclusioni dell’importante convegno che abbiamo organizzato presso il Senato della Repubblica, sul tema “Discorsi di odio: conoscere e prevenire un fenomeno multiforme. Le conseguenze quando i bersagli sono le minoranze religiose e spirituali”.

Nulla è cambiato, se non in peggio, a un anno di distanza da quell’evento, che voleva essere anche un contributo ai lavori della Commissione Straordinaria istituita dal Senato della Repubblica, presieduta da Liliana Segre, per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.

L’isterismo contro le “sette” continua a diffondersi come un virus, grazie ai media che continuano, con un ritmo incalzante, a diffondere informazioni del tutto false, verità parziali o espresse fuori dal loro naturale contesto, e testimonianze scelte accuratamente perché possano riferire solo esperienze negative e accuse gravi di abusi e maltrattamenti, senza alcuna possibilità di riscontro, contraddittorio o approfondimento.

I bersagli sono sempre gli stessi così come la ricerca spasmodica di “vittime delle sette”, un’abitudine consolidata delle redazioni di stampa, radio e televisione. Ne siamo a conoscenza perché questo genere di richiesta è giunto anche alla nostra segreteria. A nulla è valso il nostro rifiuto motivato e il nostro tentativo di interloquire con il frettoloso operatore che non aveva il tempo di riflettere ma doveva solo “ottemperare” in tempi brevissimi per reperire l’ennesimo racconto tragico e accusatorio, senza se e senza ma.

Riteniamo che questo modo di fare informazione sia molto pericoloso perché genera ostilità e istiga all’odio verso un determinato gruppo, scelto ad hoc, come bersaglio privilegiato, in un determinato momento. Se l’informazione non fosse finalizzata a istigare all’odio saremmo di fronte a trasmissioni e leggeremo articoli in cui si affronta il fenomeno riportando, per esempio, oltre alle testimonianze di fuoriusciti traumatizzati ed ostili, anche quelle di fuoriusciti che hanno abbandonato il gruppo per scelta, senza alcuna recriminazione né accusa specifica.

Dalla nostra esperienza e da quanto osserviamo ormai da molti anni emerge anche un altro dato interessante: le “accuse” rivolte a un determinato gruppo religioso, sono molto spesso legate a comportamenti che, se non fossero attribuiti a quello specifico gruppo, non sarebbero così “interessanti” e non solleverebbero tanta “indignazione”.

Solo per fare qualche esempio: l’abuso fisico o psicologico a danno di bambini è purtroppo un fenomeno che si verifica in famiglie di tutti i ceti sociali, in comunità di accoglienza e in strutture legate a ogni tipologia di confessione religiosa. Tuttavia una testimonianza di abusi inserita in una trasmissione creata ad hoc per istigare all’odio verso una determinata minoranza assume un peso maggiore perché funziona come ennesima conferma delle caratteristiche “criminogene” di quel determinato gruppo.

Gli atteggiamenti vessatori di molti uomini verso le donne con le quali vivono sono un fenomeno dilagante ancora oggi, ma se una donna ex membro di un gruppo “bersaglio” riferisce questi medesimi abusi, essi diventano un altro pezzo del mosaico “criminogeno” prescelto in quel caso. Siamo di fronte a vere e proprie “sceneggiature” costruite con ogni cura per istigare ostilità e odio in chi non conosce o è già preda di pregiudizi sul “gruppo bersaglio”.

Un esempio emblematico per tutti: i Testimoni di Geova, uno dei “bersagli” preferiti dai media.

Quando un giornalista o una trasmissione televisiva si occupa di loro, ciò a cui assistiamo è una vera e propria “sceneggiatura infamante”. Nella sceneggiatura infamante progettata contro questo gruppo non c’è spazio per l’esperienza positiva di oltre 250.000 Testimoni di Geova che vivono nel nostro paese e di tutti quelli che hanno lasciato la Congregazione senza diventare suoi nemici.

Anche tutto ciò che metterebbe in luce le caratteristiche e le ricadute positive sull’intera società di dottrine e prassi proprie di questa confessione religiosa, ma che risultano divergenti rispetto alle idee, prassi e abitudini della maggioranza, ricade nell’oblio.

Solo per fare alcuni esempi: l’importante contributo che il rifiuto delle trasfusioni per motivi religiosi ha dato allo sviluppo della “medicina senza sangue” da anni raccomandata anche dall’ OMS, oppure il coraggio dei primi obiettori di coscienza che rifiutavano l’uso delle armi per motivi religiosi a costo di essere condannati al carcere, o, ancora, il contributo di solidarietà e coraggio di tanti Testimoni di Geova dentro i campi di concentramento, testimoniato da personaggi eminenti che ne hanno ammirato la coerenza e la fede incrollabile in situazioni in cui molti altri detenuti crollavano o, peggio, diventavano aguzzini a loro volta, pur di sopravvivere, o ancora l’impegno del volontariato anche in ambito carcerario.

Queste scene non rientrano nel copione che vediamo ripetersi nei teatri mediatici. Non si tratta di ignoranza, ma di colpevole e pericolosa omissione di qualsiasi esperienza o informazione che potrebbe in qualche modo cambiare la “storia”.

È una libertà comprensibile nelle fiction che per definizione sono “finzione” ma non in format che hanno l’obiettivo di fornire informazioni attendibili al pubblico su un determinato gruppo o un fenomeno di interesse sociale, peggio ancora se l’obiettivo è quello di allertare le autorità contro gruppi criminali.

Oltre ai Testimoni di Geova ci sono altri gruppi e associazioni prese di mira dai media con le stesse modalità.

Questo modo aggressivo di fare informazione, contro soggetti deboli come comunità religiose e spirituali minoritarie, già vittime di pregiudizi per la loro diversità, e prive di diritti che le maggioranze hanno da sempre, e che loro devono rivendicare con fatica, ha delle gravi conseguenze.

Il nostro Centro Studi ne è testimone. Le “sceneggiature” creano vittime, e queste ultime condividono con noi quanto accade loro a causa della diffusione di informazioni infamanti.

Per fare alcuni esempi: alcune comunità si sono estinte o il numero di fedeli è drasticamente diminuito; ci sono persone che non sono state assunte o sono state licenziate, dopo che i loro datori di lavoro hanno appreso dai media che il gruppo che frequentavano era una “setta”, mentre altre non sono riuscite a reperire un alloggio o hanno dovuto abbandonare quello in cui abitavano; i figli di persone indicate dai media come “capi o membri di una setta” sono stati mobbizzati a scuola dai loro compagni e isolati durante le manifestazioni scolastiche; all’interno delle famiglie l’appartenenza di uno dei membri a un gruppo definito “setta” ha generato conflitti spesso molto gravi.

Infine, l’effetto forse più grave: la perdita di dignità di coloro che sono stati giudicati non in grado di esercitare la loro autodeterminazione e di fare scelte libere perché “membri di una setta” e quindi sicuramente “plagiati”. Le vittime che vivono questo stigma difficilmente riescono a superare i danni, anche psicologici, che ne derivano.

Il Centro Studi LIREC continuerà a raccogliere testimonianze e riscontri sui danni provocati da queste campagne denigratorie sulle vittime, a livello psicologico, economico e sociale e continuerà a vigilare perché emergano con evidenza le gravi violazioni dei diritti umani, tra i quali primo fra tutti il diritto alla libertà di coscienza. Così facendo e promuovendo la conoscenza e il rispetto per tutti gli esseri umani senza alcuna distinzione, cerchiamo anche di prevenire la violenza che potrebbe essere generata dalla persistente e martellante istigazione all’odio a cui assistiamo ogni giorno.

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Il Centro Studi LIREC ha rivolto un appello al mondo dell’informazione inviando una lettera  alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana e al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. A un anno di distanza la inviamo nuovamente nella speranza di avere una risposta.

Email: centrostudilirec@gmail.com

Contatto: +39-3488299499

Sito Web: lirec.net

Roma, 14 Febbraio 2024


Destinatari:

- Ordine Nazionale dei Giornalisti

- Federazione Nazionale della Stampa Italiana


Appello per un’informazione rispettosa etica e inclusiva


Il Centro Studi sulla Libertà di Religione Credo e Coscienza (LIREC) è un libero sodalizio di cultura, indipendente da partiti e da qualsiasi organizzazione religiosa, senza fini di lucro.

Svolge attività finalizzate alla conoscenza e alla corretta informazione sulle diverse forme di aggregazione in qualche modo connesse a particolari scelte filosofiche, religiose e spirituali, che si caratterizzano come "alternative" o "minoritarie" nel contesto sociale in cui nascono e si sviluppano.

Tali finalità sono svolte nel rispetto delle disposizioni, sentenze e dichiarazioni ufficiali di importanti istituzioni internazionali come la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), il Consiglio dell’Unione Europea, il Consiglio d’Europa, L’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la cooperazione Internazionale), l’USCIRF (United States Commission on International Religious Freedom).

Con questa lettera intendiamo manifestare la nostra preoccupazione per la campagna mediatica generalizzata e incontrollata che ha avuto inizio con la tragica notizia della strage avvenuta ad Altavilla: un uomo si è accusato di aver ucciso sua moglie e due dei suoi tre figli in preda a quello che sembrerebbe, secondo quanto ipotizzato da criminologi intervistati, un delirio psicotico nel quale egli “vedeva” il “diavolo” nella sua casa e nei suoi cari.

Tutti gli organi di stampa, con rarissime eccezioni, da diversi giorni, non si occupano più di questa vicenda per quello che è, e cioè un gravissimo caso di femminicidio e infanticidio, ma stanno deviando l’attenzione del pubblico da un allarme sociale grave, la violenza domestica, documentato da statistiche autorevoli e affidabili, all’ “allarme sette”, inesistente e basato su dati inaffidabili e fuorvianti sull’incidenza del fenomeno.

La generalità dei media identifica alcuni movimenti religiosi o di credo come “sette”. Questa categoria, intesa in senso criminologico, è stata costruita artificialmente per cercare di escludere alcuni gruppi religiosi o di credo dalla protezione dell'articolo 9 della CEDU ed è stata stigmatizzata non solo dalle istituzioni menzionate sopra, ma anche da importanti istituzioni accademiche e centri di ricerca di fama internazionale, poiché offende la dignità di persone e gruppi, in modo simile a come, in passato, venivano utilizzati in senso dispregiativo i termini “ebreo” e “negro”.

Al contrario, le Nazioni Unite, la Corte Europea dei Diritti Umani, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e altri organismi internazionali utilizzano terminologie neutre per definire qualunque comunità religiosa o di credo nelle loro dichiarazioni, relazioni o sentenze.

I bersagli colpiti sono numerosi e sempre diversi. A farne le spese, questa volta, è una rispettabile Chiesa Evangelica Pentecostale solo perché la famiglia in cui è avvenuta la strage ne aveva fatto parte in passato. Inoltre, la confusione, trasversale a numerose testate, tra “riti satanici” ed “esorcismi”, offende il sentimento religioso anche dei cattolici, la cui dottrina considera l’esorcismo come un sacramentale “liberante” e non certo come una forma di violenza.

Ci siamo occupati di queste problematiche nel corso del nostro ultimo convegno sul tema “Discorsi di odio: conoscere e prevenire un fenomeno multiforme. Le conseguenze quando i bersagli sono le minoranze religiose”, tenutosi il giorno 8 febbraio 2024 al Senato della Repubblica. Riprendendo le conclusioni di quell’evento, vogliamo esprimere la nostra preoccupazione, che è che questa campagna mediatica possa ingenerare nel pubblico sentimenti di ostilità e preoccupazione ingiustificata verso fantomatiche “sette”, uno stigma che può colpire chiunque sia identificato come “diverso” dalla cultura e religione di maggioranza.

Riteniamo che il mondo dell’informazione dovrebbe fare attenzione alla scelta delle fonti a cui attinge e ci rivolgiamo alle vostre organizzazioni affinché si possa creare una sinergia e una collaborazione tra media e società civile in modo che deliri mediatici pericolosi e fuorvianti, come quello in corso simile ad altri, verificatisi in passato, non si ripetano in futuro.

Nel nostro Paese su queste tematiche, per quanto riguarda le statistiche sulla presenza di minoranze religiose e spirituali, una fonte attendibile e internazionalmente riconosciuta è il Centro Studi Sulle Nuove Religioni di Torino (CESNUR) (cesnur.com). Il nostro Centro Studi, che vanta esponenti di alto livello culturale nel suo organigramma ed esperti del settore, si occupa di informazione, formazione e attivismo in questo specifico ambito (Lirec.net).

Chiediamo alle vostre organizzazioni di sensibilizzare, con i mezzi a vostra disposizione, tutti gli operatori dell’informazione a rispettare il dovere deontologico di “Garantire che le loro attività siano rappresentative dell’intera società, affrontare questioni di interesse comune per tutti i gruppi della società, ricercare una molteplicità di fonti e opinioni all’interno delle diverse comunità piuttosto che rappresentarle come blocchi monolitici…”. (Principi di Camdem: https://www.article19.org/data/files/pdfs/standards/the-camden-principles-on-freedom-of-expression-and-equality.pdf).

La Direttrice

Raffaella Di Marzio