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Violazione dei diritti umani in Eritrea: i Testimoni di Geova tra le minoranze più colpite

COMUNICATI

I Comunicati Stampa del Centro Studi LIREC

Violazione dei diritti umani in Eritrea: i Testimoni di Geova tra le minoranze più colpite

Raffaella Di Marzio

In questi giorni l’Agenzia Dire ha riportato la notizia delle gravi violazioni dei diritti umani in Eritrea, soprattutto a danno dei Testimoni di Geova. Emblematico il caso di Saron Ghebru, la fedele arrestata nonostante sia al sesto mese di gravidanza, ma vengono citati molti altri casi, di uguale gravità.

Il “reato” di questi cittadini è semplicemente quello di essere Testimoni di Geova e, per i maschi, il rifiuto del servizio militare, senza la possibilità di svolgere un servizio civile alternativo. Questa decisione è stata presa dal governo eritreo con un decreto del 1994, nel quale veniva imposto ai Testimoni di Geova di registrarsi per l’addestramento militare per completare la dodicesima classe del sistema scolastico del paese. Conseguenza di questa decisione è stata l’arresto e la detenzione di numerosi Testimoni di Geova in quanto obiettori di coscienza.

Questa preoccupante violazione di diritti umani e civili si sta perpetrando ormai da decenni in Eritrea. Il 25 ottobre 2024 saranno trascorsi 30 anni dalla firma di un decreto presidenziale del governo eritreo che ha privato i Testimoni di tutti i diritti civili, compresa la cittadinanza, la possibilità di ottenere un documento attestante la propria identità, di lavorare in ambito statale, di ricevere una licenza commerciale o di trovare un impiego. Tutto questo per il semplice fatto di voler professare pacificamente la propria fede, il che include l’obiezione di coscienza al servizio militare armato illimitato imposto dal governo. Ad oggi, 64 testimoni di Geova, di cui 35 uomini e 29 donne, si trovano in prigione in Eritrea, in condizioni disumane.
Come più volte denunciato dalle organizzazioni umanitarie, nel paese si sta attuando una violenta e sistematica repressione delle fondamentali libertà civili e dei diritti personali.

Tra le organizzazioni più importanti che si sono pronunciate in questo senso c’è l’USCIRF, la commissione del governo federale degli Stati Uniti d’America, indipendente e bipartisan, istituita nel 1998 con l’International Religious Freedom Act (IRFA). Nel Rapporto 2024 ha inserito l’Eritrea tra i Paesi della Special Watch List che include la nazioni CPCs (Countries of Particular Concern), in cui la libertà religiosa è violata in modo “molto grave” e illegale. Secondo gli standard dell’IRFA, le violazioni di queste nazioni sono “sistematiche, continue e gravissime. Tra queste si contano anche la tortura o la crudeltà, i trattamenti e le punizioni disumane e degradanti, la prigionia prolungata senza accuse, il rapimento di persone o la detenzione segreta e altre gravi violazioni del diritto alla vita, alla libertà o alla sicurezza personale” (USCIRF Report 2024 p. 1-2).

Nella parte dedicata all’Eritrea (Report 2024, pp. 28-29) l’USCIRF afferma che “Nel corso dell’ultimo anno il governo eritreo ha colpito particolarmente i Testimoni di Geova”. Riguardo alla situazione delle carceri, le condizioni dei prigionieri sono pessime sia per mancanza di cure che per la violenza subita e le continue intimidazioni. “Il governo punisce le famiglie di coloro che non svolgono il servizio militare sfrattandoli dalle loro case e negando loro il cibo e le necessità basilari, soprattutto per donne e bambini” .

Dopo aver illustrato la situazione in Eritrea, L’USCIRF raccomanda agli Stati Uniti di “ristabilire l’embargo del 2021 sulle armi, di ripristinare le sanzioni contro le agenzie governative e le autorità responsabili delle gravissime violazioni della libertà di religione, rivedere o vietare l’ingresso dei responsabili negli Stati Uniti, di impegnarsi con il governo eritreo per porre fine alla persecuzione religiosa delle comunità non registrate, garantendo ai Testimoni di Geova tutti i diritti di cittadinanza, e di rilasciare coloro che sono ancora detenuti solo per il fatto di aver svolto le loro attività religiose” (Rapporto 2024, p. 28).