MESSAGGIO INVIATO DA RAFFAELLA DI MARZIO
DONNA E FAMIGLIA IN IRAQ OGGI
Tavola rotonda organizzata da WFWP Italia
Ambasciata di Pace in Via di Colle Mattia 131 00132 Roma
5 Novembre ore 17
Come direttrice del Centro Studi LIREC, da parte del nostro Direttivo, desidero ringraziare la Federazione delle donne per la pace nel mondo per questo invito, in particolare, Elisabetta Nistri, per l’ospitalità; saluto innanzitutto suor Caroline Jarjis, proveniente dall’Iraq e coordinatrice della Associazione “Martyr Anaheed Assembly to Empower Girls and Women (MAA)”. La sua testimonianza è l’occasione per realizzare questo evento.
Grazie anche a tutti i presenti.
Non mi è stato possibile intervenire personalmente, ma desidero ugualmente manifestare con poche parole il mio apprezzamento per l’impegno delle Federazione a segnalare, attraverso eventi come questo, i pericoli che leggi e disposizioni ingiuste rappresentano per le donne e le famiglie, in particolare per i minori. Suor Caroline può testimoniare quale sia la situazione in Iraq e, dalle notizie che giungono fino a noi, non c’è nulla di cui rallegrarsi, quando una fazione religiosa estremista cerca di influenzare un governo spingendolo ad emanare leggi che permettono non solo l’intrusione del potere di capi religiosi nella vita delle famiglie, ma anche la possibilità di contrarre matrimonio per le bambine a partire dai 9 anni.
Noi ci auguriamo che questa legge non sia varata in Iraq e sappiamo che molte ONG stanno manifestando affinchè questo non accada. La testimonianza e l’impegno di persone come suor Caroline è determinante per difendere le donne e le famiglie da abusi di potere generati da fanatismi religiosi e dall’odio verso l’occidente, nel quale esiste da molto tempo una grande sensibilità per la difesa dei diritti dei minori così come esistono numerose disposizioni di legge che impediscono i matrimoni di minorenni. I matrimoni delle bambine sono un abuso a danno del loro corpo, della loro dignità e della loro stessa vita.
In Italia, per esempio, una legge approvata nel 2019, chiamata Codice Rosso, introduce “il delitto di costrizione o induzione al matrimonio (art. 558-bis c.p.), punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso in danno di minori e si procede anche quando il fatto è commesso all'estero da, o in danno, di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia;” (L. 69/2019: disposizioni in tema di violenza domestica e di genere).
Ho letto un’intervista di Suor Caroline Jarjis, testimone del processo sinodale, e mi ha colpito molto quello che ha detto sull’esperienza di cristiani che in Iraq sono minoranza. Lei ha detto che essere una minoranza non significa non avere dignità o non essere cittadini. Il fatto di vivere in un paese dove c’è la guerra e molta sofferenza non toglie la speranza, perché coloro che hanno perso la vita per la loro fede, i martiri, sono un esempio che dà la forza, a chi è rimasto in vita, di continuare a testimoniare.
Queste parole hanno suscitato in me delle domande che vorrei farle visto che ne ho la possibilità.
Prima di tutto vorrei chiederle quali sono le attività che svolge nella sua associazione per promuovere il benessere e la dignità delle donne in un paese come l’Iraq. Vorrei anche chiederle se queste attività e, in generale, l’impegno delle suore del suo ordine sul territorio iracheno hanno suscitato ostilità da parte della popolazione o delle autorità religiose o statali. Se questo è avvenuto come riescono ad affrontare e superare i problemi che ne derivano?